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Si Posso Consumare i Cibi Scaduti? Consigli pratici contro lo spreco alimentare

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Si Posso Consumare i Cibi Scaduti? Consigli pratici contro lo spreco alimentare

Torniamo a parlare di sprechi alimentari, questa volta per cercare di capire come fare a dare una corretta interpretazione delle etichettature dei prodotti e soprattutto rispondere alla domanda fondamentale: si possono consumare cibi scaduti?

Chi spreca di più?
Prima di tutto occorre precisare che il grosso degli sprechi alimentari è da imputare soprattutto all’enorme quantità di cibi invenduti (perché scaduti o perché hanno un packaging rovinato o perché acquistato in eccesso o per altre diverse ragioni) che la GDO manda al macero.
Vengono stimati in 250 chili al giorno la quantità di cibo buttato via dagli ipermercati.

E distruggere cibo ha poi un costo enorme!!!
L’agroeconomista Andrea Segrè denuncia che negli Stati Uniti il 2,5% dello spreco energetico è determinato dagli sprechi alimentari, mentre in Italia il 3% del consumo di energia è imputabile agli sprechi alimentari: percentuale che equivale ai consumi energetici annuali di 1.650.000 italiani.

Nello spreco alimentare ci mettono del loro anche i consumatori.
Secondo una ricerca della WRAP (Waste & Resources Action Programme) in U.K. il 20% del cibo viene sprecato da quasi un consumatore su due a causa di una errata comprensione dei termini di scadenza.

Un pò di chiarezza sulle date di scadenza
Vediamo perciò di fare un pò di chiarezza sulle date di scadenza pubblicate sulle etichette degli alimenti.
La data di scadenza è periodo entro cui un alimento, correttamente conservato, viene ritenuto igienicamente idoneo.
Questo non significa che superata tale data il prodotto sia da buttare, infatti, una volta verificata la qualità dell’alimento senza averne riscontrato alterazioni, questo può essere tranquillamente consumato.

Per legge solo il latte artificiale ha una data di scadenza.
Sui prodotti non rapidamente deperibili la data di scadenza è sostituita dal termine minimo di conservazione, espresso dalla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro (data)”, che rappresenta la data fino alla quale un alimento conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.

La data di scadenza differisce dal termine minimo di conservazione o TMC, (“da consumarsi preferibilmente entro”) che rappresenta il termine temporale entro il quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.

Superato il TMC è ancora possibile consumare il prodotto (non c’è alcun divieto).
Il TMC dunque, è da riferire unicamente alle caratteristiche organolettiche e di gradimento del prodotto piuttosto che alla sicurezza.

Più ci si allontana dalla data di superamento del TMC, più vengono meno i requisiti della qualità del prodotto, senza però che vengano intaccati quelli della sicurezza.

Una cattiva interpretazione dell’etichetta può generare, come abbiamo visto, sprechi alimentari ed innescare una catena di consumo irresponsabile: consumatori inconsapevoli che dopo aver gettato l’alimento si recano nuovamente al supermercato per riacquistarlo.

Per fermare questa spirale perversa potrebbe essere utile percorrere la stessa strada seguita in U.K., dove è stato messa a punto un nuovo tipo di etichettatura che ha eliminato la dicitura “sell by” ossia “vendere entro” e l’ha sostituita con “use by” e “best by“, specificando il periodo in cui dovrebbe consumarsi un prodotto ed il periodo in cui lo stesso si trova nelle condizioni più che ottimali.

Insomma, gli alimenti possono essere consumati anche molto in là nel tempo, rispetto ad una data di scadenza, mentre in altri devono essere consumati addirittura prima della scadenza.

Alcuni consigli pratici
Scendiamo nel concreto e vediamo di dare qualche consiglio sul consumo del cibo in relazione alle date di scadenza senza incorre in sprechi alimentari. Ovviamente questi consigli sono validi se è stata rispettata la catena del freddo.

Alimenti conservati fuori dal frigo ed i surgelati
Le etichette riportano il termine minimo di conservazione che in genere è variabile dai 3-6 mesi fino oltre ai 2 anni. Successivamente, è ancora possibile consumare l’alimento, che però perderà in aroma e sapore.

Alimenti senza data di scadenza (“freschi”)
La carne lavorata a fettine sottili, gli hamburger, la carne tritata, il carpaccio, vanno consumate entro 24 ore dal confezionamento. Si può già notare che incominciano a diventare scuri dopo appena 12 ore anche se conservati in frigo.
La carne fresca, i tagli grossi e le parti intere invece possono durare nel comparto basso del frigo anche per 5-6 giorni. La carne confezionata in atmosfera protetta infine può conservarsi fino a 7-10 giorni.

Alimenti con data di scadenza
Le insalata già pulite e tagliate in busta hanno un tempo di conservazione di 5-7 giorni se sono in frigorifero. Vi consiglio comunque di consumarle entro uno o due giorni dall’acquisto.
Il latte fresco ha una data di scadenza, ma può durare fino a 7 giorni e si può consumare anche 1-2 giorni dopo.
Lo yogurt e panna fresca possono essere utilizzati fino a 30 giorni e si possono consumare anche 6 giorni dopo, purché non rivelino evidenti segni di cagliatura.
Infine le uova hanno un tempo di conservazione medio di 28 giorni. Se conservate in frigorifero possono essere anche utilizzate 2-3 giorni dopo, purché cotte, ma questo è davvero uno dei pochi prodotti dove io mi attengo strettamente alla data di scadenza.

Alimenti “da consumarsi preferibilmente entro il”
Tutti quegli alimenti in scatola che recano la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il” in realtà esibiscono una data come forma di avvertimento. Come dicevamo le loro proprietà organolettiche diminuiscono dopo la data fatidica, ma se consumati dopo un paio di mesi, non necessariamente si avranno alterazioni di sapore, colore e composizione.
Quindi, cibi come succhi di frutta (1 anno, ma meglio non superare i 6 mesi), olio extravergine (12-18 mesi e al massimo 1 anno), caffé (16-24 mesi e massimo 1 anno), pasta di semola (24 mesi arrivando anche a 1-2 mesi dopo), conserve in scatola (2-3 anni ma anche 1-2 mesi dopo) e pesce surgelato (12 mesi ma anche 1-2 mesi dopo), non subiranno sostanziali alterazioni nel lungo periodo di conservazione perché sono già trattati per resistere al tempo e conservarsi senza deperire, a scapito – certo – del sapore e del contenuto vitaminico che invece è molto più alto e disponibile nell’alimento fresco!

Fonte:

(Rosso e Grasso)


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