La questione degli OGM (organismi geneticamente modificati) è un problema piuttosto complesso.
Personalmente non sono favorevole agli OGM, ma non voglio argomentare qui le ragioni della mia scelta, magari prossimamente gli dedicherò uno specifico post.
Voglio semplicemente riferire alcuni fatti avvenuti quest’anno e riportati dalla stampa italiana ed estera, che hanno riacceso il dibatto sugli OGM.
Nell’aprile 2014 un agricoltore del Friuli vede respinto dal TAR del Lazio il suo ricorso al divieto impostogli di coltivare Mais Mon810, un mais geneticamente modificato nei laboratori della multinazionale americana Monsanto.
A maggio 2014, l’Economist, da sempre appassionatamente pro OGM, informa in un polemico articolo intitolato “Il Vermont contro la Scienza” che, dal 2016, i produttori alimentari dello stato americano saranno obbligati a dichiarare la presenza di OGM nei loro prodotti.
Nello stesso articolo l’Economist ricorda che ogni anno nel mondo muoiono per malnutrizione oltre 3 milioni di persone, mentre nessuno muore a causa degli OGM.
In sintesi questo articolo rimprovera a coloro che si oppongono agli OGM di essere i ricchi che non danno importanza ai 3 milioni di morti per fame e sostiene che gli ogm sono la panacea per il problema della fame.
Potrei facilmente ribattere che oggi il pianeta è in grado di produrre cibo per oltre sette miliardi di persone – popolazione del pianeta 7 miliardi nel 2011 – e che il vero problema sta in quel 33% di cibo prodotto e gettato via, come denunciato da numerosi rapporti della FAO-
Il problema non sta quindi nella quantità di cibo prodotto e disponibile, ma nella sua accessibilità per milioni di persone.
Lo stesso settimanale britannico segnala anche che alcune aziende, tra le quali la chiacchierata Walmart – la più grande multinazionale americana operante nel canale della grande distribuzione organizzata – e la Whole Foods – una società americana che vende alimenti naturali e prodotti biologici negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito, e che si è sempre distinta tra le imprese più socialmente responsabili – sarebbero favorevoli ad una etichettatura trasparente dei cibi che dichiari l’eventuale presenza di OGM.
Il 17 maggio la Francia approva una legge contro gli OGM e il 13 giugno in Italia, il Consiglio di Stato conferma il divieto alla coltivazione di prodotti OGM.
La sentenza del Consiglio di Stato provoca un acceso dibattito sulle varie testate giornalistiche italiane.
Uno degli interventi più interessanti ritengo sia quello della senatrice a vita Elena Cattaneo, pubblicato sul Corriere della Sera del 18 giugno 2014.
Nel suo intervento la senatrice a vita evidenziava la necessità di “…aver più fiducia nei consumatori e smetterla di trattarli come bambini che vanno accuditi.
Ognuno saprà fare la sua scelta libera se potrà confrontare prezzi, sapori ed etichette trasparenti..”
Ma la scarsa chiarezza dell’etichettatura fa il gioco dei produttori e delle multinazionali del food.
Insomma l’idea che sostengo è la stessa per la quale si batte Vani Hari, una blogger americana che con la sua battaglia “vogliamo sapere cosa mettete in bottiglie e lattine”, ha costretto un colosso americano della birra a dichiarare in toto gli ingredienti.
Il principio del “diteci cosa mettete in…” dovrebbe valere per tutti i prodotti, sempre.
Dunque, come avrete capito, l’etichettatura chiara dei prodotti in genere e quelli alimentari in particolare, è un concetto che mi sta particolarmente a cuore e sul quale mi piacerebbe prossimamente pubblicare un post dedicato.
Intanto – per tornare al discorso OGM SI OGM NO – è bene che si sappia quanto segue:
1) L’Italia importa più dell’85% della soia ed il 20% del mais che servono a come base per i mangimi.
La maggioranza di questa soia e di questo mais sono OGM.
(segnalazione di Dario Bressanini – ricercatore universitario, scrittore e blogger, già da me usato come fonte in altri post).
2) è lecito supporre perciò che gli OGM siano presenti nei mangimi animali e che da questi animali arrivino prodotti come uova, latte e carne e derivati come yogurt e formaggi.
3) è altrettanto lecito pensare che, anche se indirettamente, molti prodotti alimentari che consumiamo giornalmente contengano già OGM. (vedi l’etichetta per mangimi animali contente farine prodotte con semi geneticamente modificati, pubblicata sopra e presa da un post del blog di Dario Bressanini).
Fonti:
www.giuseppecaprotti.it
www.ilfattoquotidiano.it/blog/dbressanini/
www.corriere.it
www.ilgiornaledelcibo.it
www.greenstyle.it
(Rosso e Grasso)